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Il giusto colore delle feci: qual è quello sano?

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Il colore delle feci: quale dovrebbe essere?

Facciamo chiarezza sul colore delle feci e su quello che può dirci del nostro corpo
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Ti sei mai chiesto quale dovrebbe essere il colore sano delle feci umane?

Forse non lo sai, ma la consistenza e il colore delle nostre feci ci possono dare preziose informazioni sulla nostra salute, nonché sullo stato del nostro intestino.

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E, a volte, anche metterci in allarme su alcune patologie.

Se vuoi scoprire come si formano le feci umane e di che consistenza e colore dovrebbero essere per risultare ‘sane’, continua a leggere questa pagina, scritta per te dalla Dott.ssa Luisella Troyer, Chirurgo Proctologo.

Perché siamo obbligati a nutrirci?

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gli animali erbivori sono definiti consumatori primari, poiché si nutrono direttamente dai produttori, cioè i vegetali

L’Homo Sapiens, come tutti gli altri mammiferi ed animali in generale, è un organismo vivente eterotrofo.

In biologia, si definiscono organismi eterotrofi tutti quelli esseri viventi che sono incapaci di produrre i nutrienti chimici organici essenziali alla loro sussistenza partendo da elementi chimici inorganici, come ad esempio i minerali disciolti nell’acqua o l’energia fotonica che arriva dal sole.

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le piante sono organismi autotrofi, definiti anche produttori, poiché riescono a sintetizzare molecole organiche partendo da composti inorganici

Tutti gli organismi eterotrofi, al contrario di quelli invece autotrofi (come le piante), necessitano dunque di prendere l’energia necessaria e i composti chimici obbligatori per la loro sussistenza da altre forme di vita, che a loro volta le hanno o sintetizzate da loro, oppure ricavate da altre forme di vita ancora.

Questo è il motivo per cui noi animali siamo impossibilitati a nutrirci di minerali grezzi o della sola energia proveniente dal sole, ma dobbiamo necessariamente provvedere al nutrimento necessario grazie alla periodica ingestione di cibo.

L’essere umano ha bisogno, per la sua sopravvivenza, di una dieta varia ed equilibrata, comprendente un po’ tutto: acqua, carboidrati (gli zuccheri), minerali, proteine, amminoacidi e anche tutti quei composti chimici che, seppur necessari a tante funzioni del nostro organismo, il nostro corpo non riesce a produrre autonomamente, e che abbiamo chiamato vitamine.

Come quasi tutte le grandi scimmie, anche il genere Homo, al quale apparteniamo, si è evoluto squisitamente onnivoro: la nostra dentatura e il nostro apparato gastrodigerente, infatti, sono un ottimo esempio di sistemi evoluti proprio per adattarsi a pressoché qualsiasi cibo, in quella ormai nota duttilità propria della nostra specie.

E proprio dall’inizio del nostro apparato gastrodigerente comincia il lungo percorso che consente al nutrimento di darci l’energia necessaria per vivere, e completare dunque il nostro ciclo vitale.

Dal cibo alle feci: il lungo percorso del nostro sistema gastrodigerente

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L’assunzione del nutrimento, sotto forma di cibo, inizia dalla bocca.

La cavità orale umana è un complesso e ben integrato organo masticatorio e fonetico, formato essenzialmente dalla lingua, dalle ossa della mascella e della mandibola e da due arcate dentali formate da 32 denti, suddivisi in 16 elementi per palato (superiore ed inferiore).

I denti, in particolar modo i denti molari, triturano il cibo, e la lingua lo impasta con la saliva, un liquido naturalmente prodotto dalle ghiandole salivari e formato essenzialmente da acqua (99%) con alcuni sali minerali e, soprattutto, enzimi.

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la dentizione umana è un ottimo esempio di apparato onnivoro, pensato per ingerire sia cibo vegetale che animale

La digestione umana comincia proprio dalla masticazione: grazie alla triturazione dei molari e all’impasto con la saliva, il cibo diviene bolo, e viene ingoiato per mezzo della deglutizione verso la faringe e l’esofago, cioè i primi tratti del tubo gastrodigerente.

Il bolo viene spinto verso il basso non per semplice gravità, ma per un movimento interno, contraente, della mucosa esofagea chiamato peristalsi.

La peristalsi spinge il bolo verso una grande sacca posizionata grossomodo poco sotto lo sterno, chiamata stomaco.

Lì il bolo viene sminuzzato e aggredito da potenti liquidi acidi (i succhi gastrici), che lo tramutano in una specie di liquido denso, chiamato chimo.

Il chimo, attraverso la valvola duodenale, passa nel duodeno, cioè la prima parte del lungo intestino tenue.

Nell’intestino tenue, un lunghissimo tubo di circa 7 metri, i nutrienti del chimo sono assorbiti dai villi intestinali: dei sottilissimi filamenti che costellano tutta la mucosa interna del tenue, che ne aumentano la superficie interna assorbente fino a 600 volte.

I villi intestinali mandano poi i nutrienti assorbiti (zuccheri, amminoacidi, proteine, ecc.) nel flusso sanguigno, dove saranno poi scomposti, rifiniti e ricomposti in altre molecole dal fegato, la nostra insostituibile 'centrale chimica' che produce pressoché qualsiasi molecola necessaria al corpo.

I grassi del nutrimento, quindi i lipidi, sono assorbiti per mezzo dei vasi chiliferi: dei vasi linfatici collegati ai villi (ogni villo ha il suo vaso chilifero) che provvedono all'assorbimento delle sole molecole grasse.

Alla fine del lungo intestino tenue, chiamato ileo, vi è un’apertura a senso unico: è la valvola ileocecale, che collega l’intestino tenue con l’intestino crasso, chiamato comunemente colon.

Il chimo, che alla fine dell’assorbimento nell’intestino tenue è divenuto ormai povero di nutrienti ma ancora molto carico di liquidi, viene dunque immesso nel colon, e prende il nome di chilo.

Nel colon, un grosso tubo che avvolge tutto l’addome, il chilo viene privato dei liquidi e degli elettroliti dai vasi linfatici presenti lungo tutta la mucosa intestinale.

Questi vasi sono una fondamentale sezione del sistema linfatico, che ha il compito di riassorbire tutti i liquidi del chilo, trasformando quest’ultimo nell’alvo, cioè lo scarto finale pronto per essere espulso con la defecazione.

La trasformazione del chimo in alvo è aiutata da un meccanismo simbiotico del nostro intestino con alcuni batteri che lo popolano e lo colonizzano: è il microbiota intestinale.

Questo microbiota, formato da tantissimi batteri nostri amici, attacca i residui di glucosio dell’alvo, lo fa fermentare e ne permette dunque la formazione morbida ma compatta, facile da essere espulsa.

L’alvo, pronto per l’espulsione, viene raccolto nell’ampolla rettale: un’ectasia naturale dell’intestino poco prima del retto, il cui compito è proprio raccogliere il materiale fecale pronto per essere espulso.

Quando l’ampolla si riempie a sufficienza, abbiamo il segnale dell’andare di corpo, e può avvenire l'evacuazione.

Attraverso il ponzamento e il lavoro dei muscoli sfinteri, l’alvo viene spinto per tutto il retto fino all’orifizio anale, dove è definitivamente espulso nel processo che noi chiamiamo defecazione.

Le feci sono dunque il risultato di questo lunghissimo tragitto, cominciato sin dalla masticazione.

Un percorso davvero complesso, che consente a noi mammiferi di appropriarci delle risorse prodotte dagli organismi cosiddetti ‘produttori’ (essenzialmente, le piante), oppure da organismi consumatori (altri animali) che, a loro volta, si sino cibati di altri consumatori o altri produttori.

È il famoso circolo della vita, reso possibile, per noi, proprio dal nostro apparato digerente.

Consigli proctologici

La mucosa intestinale, non avendo lo strato epiteliale come invece la cute esterna del corpo, è molto sensibile e delicata.

La colonia batterica che la popola e che vive in simbiosi col nostro corpo fa da autentico 'scudo' alle cellule della mucosa, impedendo che esse vengano a contatto con batteri malevoli, oppure con scarti di cibo che potrebbero irritarla.

Quando la nostra flora batterica decresce e viene danneggiata, ad esempio dopo un'infezione virale intestinale oppure un'intossicazione da attacco batterico malevolo, il nostro intestino soffre, e la mucosa si danneggia e s'infiamma.

Questo è il motivo per cui possiamo soffrire di enterocolite e diarrea acuta quando, ad esempio, ingeriamo cibi contaminati da batteri nocivi, come la salmonella, oppure i vibrioni del colera.

Le tossine prodotte da questi batteri danneggiano la mucosa intestinale, e la loro proliferazione nel colon abbassa la quantità e la qualità di quella amica della nostra flora batterica, peggiorando dunque l'intossicazione.

La formazione delle feci nell’intestino: come avviene?

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Come abbiamo visto, il colon è l’organo finale del nostro complesso apparato gastrodigerente.

É un lungo e grosso tubo, convenzionalmente diviso in cinque parti senza soluzione di continuità: colon ascendente, colon traverso, colon discendente, sigma e retto.

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bottiglie colme di chilo, cioè il cibo ormai privato dei nutrienti, ma ancora ricco di acqua, alcuni polisaccaridi ed elettroliti

Il colon ascendente è il primo settore del colon, posizionato parallelamente al piano sagittale del corpo: comincia con il cieco e la valvola ileo-cecale, che permette il passaggio a senso unico del chilo, cioè il cibo già privato dei nutrienti dai villi dell’intestino tenue.

Il chilo, una sostanza biancastra e molto liquida, viene spinto attraverso tutto il colon dal movimento della peristalsi, e piano piano che percorre tutto l’organo viene progressivamente svuotato dai liquidi e dagli elettroliti dai vasi linfatici, posizionati lungo tutta la mucosa intestinale.

Il chilo quindi diviene sempre più solido, ma in esso sono ancora presenti piccoli residui della digestione che, per motivi fisiologici, non sono stati assorbiti dai villi.

Si tratta essenzialmente di polisaccaridi (zuccheri) e fibre, cioè materiale di cui il nostro corpo non si nutre, e che viene dunque espulso.

Gli zuccheri non assimilati dai villi sono dannosi per la delicata mucosa intestinale, nonché pericolosi perché possono aumentare i livelli di glicemia nell’organismo.

Fortunatamente, lungo tutto il colon vivono, in simbiosi con la mucosa, oltre 400 specie di batteri, che compongono la cosiddetta ‘flora batterica intestinale’.

Questi batteri sono nostri amici, poiché attaccano gli zuccheri non assimilati e li fermentano, producendo come materiale di scarto acidi indispensabili per il nostro corpo come l’acido acetico, l’acido protonico e l’acido butirrico.

Questi acidi sono estremamente importanti proprio per la mucosa dell’intestino, poiché la proteggono e la nutrono, dandole anche parte dell’energia necessaria per rinnovare le proprie cellule.

Ancora, oltre agli acidi essenziali al benessere della mucosa intestinale, la fermentazione batterica nel colon produce anche fondamentali vittime come la vitamina B12 e la vitamina K.

La flora batterica intestinale aumenta di volume il chilo, lo mantiene morbido e lo trasforma in alvo, cioè il materiale fecale pronto per essere espulso.

Tutto l’alvo viene raccolto nell’ultimissima parte del colon, cioè nell’ampolla rettale poco sopra il retto.

Quando l’ampolla si gonfia a sufficienza e diviene dunque pronta per l’espulsione, sentiamo l’esigenza di liberarci (lo stimolo defecatorio), ed attiviamo dunque quel processo volontario che, grazie all’azione del muscolo sfintere esterno, ci permette di far fuoriuscire le feci dal retto e dall’orifizio anale, per mezzo della defecazione.

La flora batterica intestinale e la sua fondamentale importanza per feci morbide e ben formate

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la struttura dei villi intestinali

Tutto l’interno del colon è popolato, in ogni istante della nostra vita, da una grandissima quantità di batteri, chiamati flora batterica intestinale.

Sono essenzialmente bifidobatteri e lattobacilli, e ne sono presenti in oltre 400 specie.

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la flora batterica intestinale è nostra amica, e completa la nostra digestione

Questi microorganismi, come detto poco in alto, sono indispensabili per completare il nostro processo di digestione, poiché vivono in simbiosi con la nostra mucosa intestinale.

Nutrendosi dei polisaccaridi (zuccheri) non digeriti, la fermentazione del loro metabolismo produce acidi grassi essenziali al nostro corpo, delle vitamine importantissime e, non per ultimo, protegge la mucosa intestinale dall’attacco malevolo di altri batteri o virus.

Questo processo di simbiosi perfetta tra noi e i nostri batteri amici viene chiamato eubiosi, ed è una condizione che dona benessere e regolarità al nostro intestino, che tutti noi dovremmo mantenere o cercare di traguardare.

La flora batterica intestinale provvede poi, non secondariamente, al metabolismo e allo smaltimento della bilirubina, cioè un pigmento presente nella bile (di scarto) frutto della scomposizione dei globuli rossi ‘invecchiati’ o dannggiati e quindi sostituiti dal corpo.

Proprio la fermentazione della bilirubina, naturalmente di colore giallo-arancione, ad opera dei batteri dell’intestino causa il colore tipico delle feci formate, che è quello marrone.

Già conoscendo questo, si può capire come una flora batterica sana, in salute e in perfetta simbiosi col corpo possa esercitare un’azione di fermentazione della bilirubina adeguata, con la formazione di feci dal colorito ‘giusto’ (né troppo scuro e né troppo chiaro), non particolarmente maleodoranti, morbide e ben formate, dalla tipica forma cilindrica.

Tutto questo avviene proprio per via della presenza della flora batterica amica dell’intestino: un bene prezioso che dobbiamo sempre proteggere e coccolare, poiché imprescindibile al nostro intestino per funzionare bene.

Consigli proctologici

La bilirubina è uno scarto della bile, cioè quel liquido prodotto naturalmente dal fegato imprescindibile per la nostra sopravvivenza, in grado di aggredire e scomporre una grande quantità di molecole, sia di scarto del nostro metabolismo che xenobiotiche, cioè introdotte dall'esterno (tipo i farmaci).

La bilirubina si occupa, nello specifico, di scomporre gli scarti dei globuli rossi invecchiati o danneggiati, che il corpo ha deciso di rinnovare.

La bilirubina viene prodotta dalla biliverdina, che grazie ad un rapido processo di riduzione diviene un liquido dal colorito giallognolo-arancionato, che a sua volta dona il classico colore della bile.

La bilirubina viene immessa nell'intestino, sia tenue che crasso, e lì viene aggredita dalla flora batterica intestinale che, fermentando, la trasforma in stercobilina: un pigmento dal colore marrone abbastanza intenso.

Proprio la stercobilina, risultato quindi della fermentazione batterica intestinale della bilirubina, da il classico colorito marrone delle feci.

In un essere umano in salute, questo colore è un marrone più o meno intenso, ma non troppo scuro e né troppo tendente al giallo o al pallido.

Il colore delle feci: marrone sì, ma di che gradazione?

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il colore normale delle feci di una persona in salute è marrone, non troppo chiaro e né troppo scuro

Come avviamo visto poco in alto, la fermentazione batterica dell’intestino aggredisce sia i residui di glucosio delle feci che la bilirubina, cioè lo scarto biliare della ‘digestione’ dei globuli rossi ormai non più funzionali, troppo vecchi oppure danneggiati.

La bilirubina è un pigmento dal colore variabile tra il giallo e l’arancione, e quando è attaccata dai batteri simbionti del nostro intestino questo pigmento si tramuta in stercobilina, cioè un pigmento di colore invece marrone.

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residui fecali gialli, acidificati e diarroici, visti all'esame di videoproctoscopia

La stercobilina è dunque il pigmento responsabile della tipica colorazione marrone delle feci umane.

Al naturale colore dato dalla stercobilina, si può aggiungere anche il colore naturale delle fibre eventualmente ingerite, cioè del cibo che non è utilizzato dal nostro corpo come nutrimento, e che viene dunque espulso così com’è.

A seconda del livello di qualità della fermentazione batterica, dato a sua volta dal livello di ‘benessere’, per così dire, dei batteri nostri amici, il colore delle feci potrà dunque variare.

Assieme al colore, datosi che le feci sono composte per il 70-80% circa da batteri e materiale di fermentazione degli stessi, a seconda del benessere del nostro colon cambierà anche il loro odore.

L’analisi del colore delle feci, nonché del loro odore, è un esame di estrema importanza in colonproctologia, poiché è un indice primario del benessere del nostro intestino.

In un soggetto in salute, in perfetta eubiosi, l’emissione delle feci avviene quotidianamente, con l’espulsione di materiale fecale morbido, ben formato e voluminoso, dal colorito marrone né troppo scuro e né troppo chiaro, non particolarmente maleodorante.

Il colore del marrone può cambiare, come detto in relazione alla qualità della fermentazione batterica e dall’apporto di fibre della dieta, ma non deve comunque essere troppo scuro o troppo chiaro.

Alterazioni importanti della tonalità di marrone, sia verso il nero che il giallo sbiadito, possono indicare problemi importanti nel colon o in un’altra parte del corpo, che non permettono la giusta digestione del cibo.

Premesso che bisogna prendere con le classiche pinze la seguente lista, che dovrebbe essere considerata solo una traccia indicativa, le variazioni al normale marrone delle feci possono essere:

Feci estremamente scure, quasi nere

Feci di colore troppo scuro, tendente al nero, possono indicare presenza di sangue digerito, e dunque una lesione nell’alto colon oppure in un altro tratto dell’apparato digerente.

Questa condizione prende il nome medico di melena, e richiede sempre urgenti indagini grastrointestinali (gastroscopia, colonscopia, ecc.);

Feci rossastre

Feci che indicano la presenza di coloranti alimentari nelle feci, o l’assunzione di particolari alimenti in maniera massiccia, come pomodori, barbabietole, frutti rossi, peperoni, ecc.

Molto spesso questo colore mette in ansia ed allarme il paziente, che pensa di avere una brutta ferita intestinale, ma i sintomi di una lesione del colon o del retto sono ben altri (più avanti in questa lista);

Feci verdastre

La bilirubina in realtà è un pigmento di scarto che proviene a sua volta dalla degradazione della biliverdina.

Quando vi sono condizioni patologiche per cui il colon è costretto a scaricarsi prima di aver compiuto il ciclo della naturale fermentazione batterica, la biliverdina non riesce a trasformarsi in bilirubina e dunque colora le feci, che diventano verdastre (a volte, anche molto verdi).

Si tratta spesso di condizioni di diarrea, causata da infezioni batteriche o virali del colon oppure dall’abuso dei lassativi.

Alcune volte, però, le feci particolarmente verdastre non sono dovute ad una condizione patologica ma sono il frutto di una dieta molto ricca di alimenti a loro volta ricchi di clorofilla, come ad esempio le verdure a foglia larga (spinaci, bieta, broccoli, ecc.), prezzemolo, cicoria e vegetali a foglia verde in generale;

Feci arancioni

Feci particolarmente arancioni possono indicare una dieta molto ricca di pigmenti carotenoidi, tra cui il beta-carotene presente naturalmente nelle carote, nella zucca, nel mango, in alcuni tipi di patata, nelle albicocche, ecc.

Alcune volte questo colore è dato dall’assunzione di alcuni farmaci antimicotici come la rifampina, oppure dall’ingestione di coloranti alimentari;

Feci gialle o molto pallide

Feci gialle e particolarmente maleodoranti possono indicare un problema di malassorbimento intestinale, con ridotta fermentazione batterica e acidificazione stessa dell’alvo.

Si tratta quasi sempre di un’infezione batterica o virale in corso nella mucosa intestinale, che causa a sua volta frequenti attacchi di diarrea acuta e l’emissione di feci non formate, acide e dall’odore pungente e, a volte, nauseabondo.

Quando il colore risulta giallo molto chiaro, quasi sbiadito, le feci possono indicare seri problemi a livello epatico, che ha causato un mancato arrivo della bilirubina all’intestino.

Questo può avvenire ad esempio nel caso di calcolosi della colecisti, un serio problema al pancreas (ad esempio, un carcinoma del pancreas) oppure una cirrosi, un’epatite o un carcinoma al fegato.

Le feci dei pazienti celiaci che hanno accidentalmente ingerito del glutine e hanno dunque scatenato la violenta reazione autoimmune dell’intestino sono molto pallide, untuose e dall’odore nauseabondo.

Feci con striature o macchie rosso vivo

Feci striate di rosso vivo ed intenso significano un'ematochezia, cioè una perdita di sangue dovuta ad una lesione nel basso colon, quasi sempre nel retto o nel canale anale.

Ciò può essere dovuto ad una ragade anale, al prolasso emorroidario, a dei condilomi anorettali oppure ad una violenta proctite.

Attenzione, però: a volte, il 'rosso vivo' identificato dal paziente non è sangue, ma solo tracce di alimenti rossi non ben digeriti, come pomodori o peperoni.

Va ribadito che questa lista è solo una traccia, a puro titolo informativo: il colore delle feci può cambiare per una grande serie di cause e concause, e non sempre è indice di una condizione patologica.

Piccole variazioni di colore delle feci che avvengono su base giornaliera non devono preoccupare od allarmare: è normale, e come detto dipende sia dall’attività del microbiota intestinale che dal tipo di dieta.

Il paziente deve invece attivarsi quando vi è un cambio radicale e duraturo dell’emissione delle feci, specie se associato ad altri sintomi o condizioni fisiche.

Prenditi cura del tuo microbiota intestinale: il tuo benessere dipende da lui!

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Come avrai capito leggendo questo articolo, il colore delle feci e, in generale, il tuo stato di benessere non solo intestinale ma di tutto il tuo corpo, è dipeso dal giusto equilibrio della flora intestinale con il tuo intestino.

La flora batterica intestinale è parte integrante del colon e, generalmente parlando, di tutto il nostro intestino: la sua presenza è imperativa per stare bene, e per completare con successo la nostra digestione.

I batteri simbionti che vivono nel nostro intestino devono essere considerati un vero e proprio organo ausiliario, indispensabile non solo per evacuare correttamente, ma anche per la sintesi di elementi chimici indispensabili alla nostra sopravvivenza.

Ecco perché tutti noi dobbiamo sforzarci di mantenere una dieta varia ed equilibrata, evitando alimenti che possano danneggiare la flora batterica intestinale e infiammare la mucosa, poiché la condizione di benessere prevede la perfetta armonia tra batteri e colon.

Altresì, tutti noi dovremmo mantenere sotto controllo il livello di stress, ansia e rabbia, che purtroppo possiamo provare quotidianamente: l’aumento dello stress e della tensione forza il nostro cervello a produrre ingenti quantità di cortisolo.

Il cortisolo è un ormone che calma e rilassa tutte le funzioni non vitali od indispensabili del nostro corpo, permettendo di auto-calmarci, ma ha un effetto deleterio sul colon, in particolare sulla nostra flora batterica intestinale.

Difatti, il cortisolo infiamma la mucosa dell’intestino e danneggia gravemente i batteri amici, e questo è uno dei motivi per cui molte persone ‘somatizzano’ situazioni di ansia e stress con scariche improvvise di diarrea, crampi e spasmi intestinali o improvvisi periodi di stipsi.

Quest’effetto del cortisolo sull’intestino è una delle spiegazioni plausibili della sindrome del colon irritabile, ad esempio.

Controllare i periodi di stress, tentare di vivere in maniera piacevole, curando bene sia il lavoro ma anche i rapporti sociali e, in generale, prendersi cura di sé stessi, aiuta ad abbassare i livelli di cortisolo, e dunque a stare meglio dal punto di vista intestinale.

Consigli proctologici

Un essere umano adulto ed in salute produce mediamente 150 grammi di feci ogni giorno (media europea e nord-americana), ben formate e morbide, non particolarmente maleodoranti e dal giusto colore marronato.

Tuttavia, questa media è suscettibile di variazioni, anche consistenti, senza però sfociare in condizioni patologiche.

L'importante è che le feci siano sempre morbide, ben formate e dal giusto colore, non troppo chiaro ma neppure troppo scuro.

Per valutare la consistenza delle feci, a sua volta frutto della buona funzionalità dell'intestino, è stata ideata molto tempo fa una scala di valutazione specifica, la scala Bristol.

Questa scala determina la consistenza delle feci sulla base di sette tipologie:

1 Tipo: feci dure e a forma di granelli, di consistenza definita 'caprina', estremamente difficili da evacuare;

2 Tipo: feci dure, sempre in grumi, però uniti tra di loro in un abbozzo di cilindro, anch'esso difficile da evacuare e che può facilmente lesionare il retto e l'ano;

3 Tipo: feci formate, a salame, compatte ma crepate in superficie;

4 Tipo: feci ben formate, a cilindro, con superficie liscia e facili da evacuare;

5 Tipo: feci formate ma frammentate, comunque facili da evacuare;

6 Tipo: feci informi, pastose, irregolari e frantumate, con consistenza stile puré;

7 Tipo: feci completamente liquide, non formate

Le condizioni 1 e 2 sono tipiche della condizione di stipsi, mentre le 5, 6 e 7 sono tipiche di una condizione di diarrea.

Indicativamente, la tipologia 3 e 4 è quella ideale in un soggetto adulto ed in buona salute.

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  • gli esseri umani, come tutti gli animali, sono organismi eterotrofi, che hanno cioè bisogno di prendere i componenti essenziali per la loro sussistenza già prodotti da altre forme di vita;
  • le piante sono organismi autotrofi, capaci cioè di produrre il fabbisogno organico per la loro sussistenza da elementi chimici inorganici;
  • il cibo è tutto ciò che può essere utilizzato dall'essere umano come rifornimento energetico e chimico per il suo ciclo vitale;
  • il cibo viene assimilato dall'essere umano per mezzo di un complesso meccanismo chiamato digestione;
  • il tubo gastrodigerente è quell'apparato, composto da molti organi, che consente all'essere umano di tramutare il cibo in energia e in tutto ciò di cui il corpo ha bisogno;
  • l'apparato gastrodigerente comincia dalla bocca, e finisce all'orifizio anale;
  • il cibo ingerito viene sminuzzato e ridotto in poltiglia, per poi essere triturato e mescolato nello stomaco ed assimilato dall'intestino;
  • il colon è l'ultimo organo dell'apparato gastrodigerente, e la sua funzione primaria è riassorbire i liquidi presenti nel chilo, cioè il cibo ormai privato di tutti i suoi nutrienti dai villi intestinali;
  • il chilo transista nell'intestino grazie alla peristalsi, cioè il lento movimento della mucosa intestinale, e piano piano viene privato dei liquidi e degli elettroliti dai vasi linfatici;
  • nel colon, i residui di polisaccardi e della bilirubina prodotta dal fegato vengono aggrediti dalla flora batterica intestinale, che completa il processo di digestione;
  • il chilo è tramutato in alvo, cioè in materiale fecale pronto per essere espulso, sia dall'azione dei vasi chiliferi che dalla fermentazione batterica della flora intestinale;
  • la scomposizone della bilirubina ad opera dei batteri la tramuta in stercobilina, un pigmento marrone responsabile del colore delle feci;
  • un essere umano in salute evacua feci morbide, ben formate, non particolarmente maleodoranti e dal colorito marrone, né troppo scuro ma nemmeno troppo chiaro;
  • feci tendenti al giallo sono tipiche della condizione di diarrea, e risultano quasi sempre maleodoranti ed acidificate, mentre feci troppo scure, quasi nere, possono indicare la presenza di sangue digesto;
  • alterazioni consistenti della flora batterica intestinale alterano a sua volta il meccanismo di fermentazione della bilirubina, e modificano quindi il colore delle feci

Avviso deontologico medico
Nota deontologica

La Proctologia, in Italia, non ha ancora una Scuola di Specializzazione riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione.

Non è quindi legalmente possibile riportare l'aggettivo 'specialista' al Medico Proctologo, poiché tale titolo accademico è riservato solo al Medico che, legalmente, ottiene un Diploma di Specializzazione.

Come branca della Medicina, la Proctologia può essere inquadrata come disciplina chirurgica, che può però allargarsi ed intendersi perfezionamento della Gastroenterologia, della Dermatologia, della Chirurgia Vascolare, dell'Oncologia, della Infettivologia e, non ultimo, anche della Ginecologia.

Questo vuol dire che la formazione del Medico che intende definirsi 'Proctologo' è effettuata prevalentemente sul campo, attraverso l'esperienza diretta e i casi clinici affrontati e risolti, nonché del continuo studio ed aggiornamento professionale.

La Dott.ssa Luisella Troyer, iscritta all'Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Milano, tiene dunque a precisare che ella è un Medico Chirurgo Specialista in Chirurgia Vascolare, e perfezionata poi Proctologo durante il suo trentennale esercizio della professione medica.

Chirurgo Vascolare Proctologo a Milano Dott.ssa Luisella Troyer

Quest'articolo è stato revisionato ed aggiornato dalla Dott.ssa Luisella Troyer il giorno:

domenica 11 febbraio, 2024

La Dott.ssa Luisella Troyer è un Medico Chirurgo, specializzata in Chirurgia Vascolare e perfezionata in Proctologia.

Sin dal suo percorso come specializzanda, la Dottoressa ha avuto a cuore lo studio e la cura delle patologie proctologiche, in particolar modo delle emorroidi e dei prolassi emorroidari.

Ha accumulato, nel corso del suo esercizio come Chirurgo, circa 5000 ore di sala operatoria come primo operatore, di cui circa 120 di emorroidectomia Milligan-Morgan.

È uno dei primi Medici ad aver studiato e sperimentato la terapia con scleromousse per le emorroidi patologiche, che la Dottoressa ha giudicato d'elezione per il trattamento non traumatico dei prolassi emorroidari, con statistiche di risoluzione superiori al 95% e pertanto spesso comparabili con l'accesso chirurgico.

In ogni sua visita proctologica la Dottoressa utilizza, a complemento della valutazione clinica, un moderno videoproctoscopio totalmente digitale, di sua ideazione e realizzazione, in grado di catturare in tempo reale flussi video in alta risoluzione, che compone l'esame specialistico denominato Videoproctoscopia Endoscopica Elettronica.

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