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L’appendicite

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L’appendicite

L'infezione dell'appendice vermiforme e l'appendicectomia
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c’è una particolare patologia che, ogni anno, colpisce oltre 15 milioni di persone in tutto il mondo, causando ancora migliaia di decessi, spesso per tardivo intervento chirurgico.

è una malattia conosciuta sin dall’antichità che, prima dell’avvento della moderna Chirurgia, dava sempre esiti letali, ed era per questo temuta.

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anche ai giorni nostri, se non curata in tempi rapidi, può dare ancora decorso fatale, sebbene questa estrema evenienza, nei Paesi dal sistema sanitario avanzato e a basso costo come il nostro, sia solitamente ormai rara.

l’infiammazione dell’appendice vermiforme dell’intestino crasso, chiamata appendicite, è ormai facilmente curabile con un piccolo intervento chirurgico, ma può rappresentare un problema qualora sia sottostimata o ritardata nel trattamento risolutivo, chiamato appendicectomia.

leggi questa pagina per scoprire che cos’è l’appendicite, quali sono le sue cause originarie e quali sono i trattamenti, medici e chirurgici, per risolverla.

Che cos’è l’appendicite?

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l'appendice vermiforme è l'ultimissima parte del cieco, a sua volta il fondo dell'intestino

in Medicina, per appendicite si identifica l’infiammazione, oppure l’infezione, del tratto distale dell’intestino crasso, opposto all’ano, chiamato appendice cecale (o appendice vermiforme).

il norme lascia ben intendere la forma di questa curiosa parte anatomica, che estrude dal cieco del colon a mo’ di verme, e che solitamente è lungo dai 5 ai 9 cm (ma esistono casi di appendici ancora più lunghe).

quest’appendice è essenzialmente composta da tantissimi vasi linfatici uniti e compattati tra di loro, rivestiti di tonaca muscolare e mucosa intestinale.

questa particolare conformazione rende l’appendice un vero e proprio filtro linfatico, incapace di assorbire il chilo (il cibo già trattato dall’intestino tenue).

bastano quindi pochi frammenti organici frutto della digestione, capitati casualmente nell’appendice, o anche residui fecali dal colon, per infiammarla e scatenare quella che viene chiamata appendicite.

sebbene sia sempre presente in prossimità del cieco, l’appendice vermiforme può cambiare, a livello spaziale, posizionamento, in base alle peculiarità proprie dell’individuo, e questo ne determina anche la predisposizione ad infiammarsi o meno.

Perché l’appendice s’infiamma?

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l'appendicite è l'infiammazione dell'appendice vermiforme

come detto poco in alto, l’appendice è un organo linfatico grezzo, rivestito di mucosa intestinale ma che non ha proprietà assimilanti.

la sua presenza nell’uomo e in molti altri mammiferi non è ancora stata ben spiegata, ma si presuppone sia un retaggio evolutivo ormai atrofizzato.

l’atrofizzazione dell’appendice la rende estremamente stretta di diametro: il lume del verme pendulo è infatti piccolo, e bastano pochi frammenti di residui organici per otturarlo, e far partire quindi l’infiammazione o, in alcuni casi, direttamente un’infezione.

premesso questa causa primaria, le cause scatenanti che possono occludere il lume dell’appendice vermiforme sono:

  • Residui del chilo, ossia il cibo già privato dei nutrienti dall’intestino tenue, divenuti duri e pietrosi (coproliti);
  • Residui non digeribili o maldigeriti come semi e semini, uva, ecc.;
  • Batteri intestinali e parassiti, che causano un rigonfiamento (ipertrofia) del tessuto linfatico, occludendo quindi il lume;
  • Calcoli biliari;
  • Una compressione anomala, come ad esempio una massa tumorale che cresce premendo sull’appendice

datosi che il lume dell’appendice è, come detto, estremamente contenuto, una sua ostruzione totale è un evento che causa una mancata vascolarizzazione della zona e, di conseguenza, la necrosi dei tessuti.

la necrosi, ossia la morte dei tessuti, è una situazione di estremo pericolo: l’appendice può scoppiare o perforarsi, rilasciando quindi nella cavita del peritoneo i batteri e l’infezione, causando una potenzialmente mortale peritonite.

la peritonite, evento sempre grave, se non curata con tempestività porta in breve periodo ad una setticemia (l’infezione batterica direttamente nel flusso ematico), che a sua volta si tramuta in un esito letale.

In quanto si sviluppa un’appendicite?

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il dolore alla manovra di blumberg è un chiaro sintomo di probabile appendicite

l’infiammazione dell’appendice, sempre data dall’occlusione del lume e l’assenza di vascolarizzazione, è un processo graduale, che è stato suddiviso, in ambito clinico, in tre fasi:

• Fase catarrale

È la prima fase in assoluto del processo infiammatorio, che risulta ancora ben circoscritto.

L’interno del lume è rigonfio, spesso tumefatto, con grande produzione di muco.

È l’unica fase in cui la cura antibiotica può avere effetto, prima del necessario intervento chirurgico;

• Fase flemmonosa

La congestione aumenta e fa trombizzare i vasi, che sono dunque impossibilitati ad irrorare correttamente di sangue l’appendice.

Vi è tumefazione totale di tutta l’appendice, con l’emissione di materiale purulento e, spesso, di residui fecali.

L’intervento chirurgico deve essere effettuato con urgenza, prima che si corra il rischio di una perforazione e della conseguente peritonite;

• Fase gangrenosa

La mancanza di afflusso sanguigno causa la necrosi dei tessuti, e tutta l’appendice risulta tumefatta, nera o grigio-verdastra, carica di pus, pronta ad esplodere in ogni momento.

Spesso, il pus contamina il peritoneo anche senza perforazione, facendogli perdere la sua naturale lucentezza.

È una situazione da codice rosso, che richiede immediato intervento chirurgico.

purtroppo, non vi è un tempo universale di evoluzione dell’infiammazione, dalla fase catarrale a quella gangrenosa: la malattia può degenerare anche in poche ore, rendendo l’accesso chirurgico obbligatorio ed immediato.

altre volte, invece, la fase gangrenosa viene raggiunta dopo qualche giorno, dando più tempo per intervenire.

la regressione spontanea dell’infiammazione è un evento estremamente raro, e comunque non sufficiente a procrastinare le cure mediche.

il rischio di perforazione dell’appendice, della peritonite e della sepsi della cavità addominale (evento sempre letale per il paziente) non giustificano il ritardo nelle cure.

Consigli proctologici

La funzione dell'appendice pendula e la sua reale utilità sono ancora non chiari alla Medicina.

Tale appendice è presente anche in altri mammiferi (notevole, per dimensioni, quella ad esempio dei conigli), ma la sua origine evoluzionistica non è ancora perfettamente chiara.

La sua funzione di assorbimento linfatico è comunque trascurabile (per non dire inconsistente, essendo un apparato grezzo e poco funzionale), e quindi può essere rimossa senza problemi, in caso di appendicite, non causando alcuna conseguenza funzionale.

Quali sono i sintomi dell’appendicite?

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i comuni sintomi classici sono il dolore addominale, il vomito, la nausea con l’inappetenza, la febbre, la spossatezza generale, la diarrea oppure una stipsi ostinata (anche in pazienti che mai hanno avuto problemi di stitichezza).

il dolore addominale solitamente si presenta localizzato nella fossa iliaca destra (può variare però a seconda del posizionamento anatomico dell’appendice) e, solitamente, è riportato come simile a quello, intenso, della colica renale o biliare.

Come si diagnostica un’appendicite?

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la diagnosi dell’appendicite può non essere agevole a prima vista, poiché i suoi sintomi sono vari e comuni con quelli di altre affezioni, come ad esempio una gastroenterite.

tuttavia, anche un Medico non specializzato, se ben istruito e con adeguata intuizione clinica, può diagnosticare l’infiammazione dell’appendice, grazie all’utilizzo di particolare manovre addominali.

queste manovre partono da un concetto semplice: l’appendice non è altro che una parte di intestino infiammata e spesso infetta, e come tale, se sollecitata, può scatenare un impulso doloroso.

questo impulso è sollecitato dalla famosa manovra di Blumberg: una pressione lenta e progressiva sulla parete addominale in direzione dell’appendice, che viene seguita da una rapida retrazione della mano.

questo movimento fa sì che l’appendice ‘sbatta’ sul peritoneo, causando un violento ed intenso dolore al paziente.

la positività di questa manovra mette in guardia il Medico, e lo spinge a sospettare la diagnosi di appendicite.

un’altra manovra molto utile, spesso associata a quella di Blumberg, è la manovra di Rovsing, in cui il Medico effettua una pressione graduale verso l’alto della fossa iliaca sinistra, che ‘sposta’ l’intestino quel tanto che basta per toccare l’appendice e provocare quindi dolore e relativa positività all’esame.

queste manovre sono, di solito, sufficienti al Medico per prescrivere il ricovero in ospedale del paziente, che solitamente è effettuato in urgenza.

è comunque possibile, spesso direttamente in ospedale, eseguire l’esame della conta dei leucociti del sangue e, nel caso di dubbi pre-operatori, un’ecografia addominale o una TC pelvica, quest’ultima effettuata solo nel caso di dubbi diagnostici o di situazioni che l’equipe chirurgica considera particolari.

Qual’è la terapia per l’appendicite?

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la rimozione chirurgica dell'appendice infetta è ancora la terapia d'eccellenza

la terapia di primo accesso, spesso effettuata in urgenza, è quella chirurgica, e prevede l’asportazione dell’appendice ormai infetta od infiammata.

tale operazione, chiamata appendicectomia, è effettuata in anestesia totale, in via laparoscopica o, se la situazione è particolarmente complessa (come nel caso di pre-perforazioni o peritoniti) in laparotomia.

ovviamente, mancando di un vero e proprio taglio chirurgico, l’intervento in laparoscopia è quello che garantisce i tempi di ripresa più brevi (qualche giorno, con dimissione entro 48 ore in caso di assenza di complicanze).

anche l’intervento con la classica tecnica di laparotomia, che prevede un piccolo taglio addominale, è stato comunque iper-perfezionato nel corso dei secoli: dalla fine del 1700, periodo in cui è stato per la prima volta messo a punto, tale intervento è divenuto sempre meno invasivo ed efficace, con incisioni sempre più piccole e recuperi sempre più rapidi.

le due tecniche, sia laparoscopia che in laparotomia classica, si equivalgono a livello di risultati, e hanno comunque, a prescindere dalla tipologia di accesso, lo stesso protocollo chirurgico: la legatura vascolare delle arterie che alimentano l’appendice e il sezionamento della stessa, con idonea sutura del cieco intestinale.

L'intervento di appendicectomia è, in assoluto, il secondo intervento più eseguito in Italia: ne vengono eseguiti ogni anno circa 60.000, che lo rende l’intervento, per numeri, inferiore solo a quello dell’ernia.

la terapia farmacologica per l’appendicite, basata sulla somministrazione degli antibiotici, viene proposta solo in casi sporadici, e comunque ha effetto solamente nel primo stadio dell’infiammazione.

Consigli proctologici

l'appendicectomia è ormai considerato un intervento banale (in realtà, nessun intervento chirurgico, anche il più piccolo, lo è mai), o comunque di routine, ma va ricordato che, per secoli, l'infiammazione della parte finale del cieco del colon è stata una delle prime cause di morte per infezione della popolazione.

Ancora oggi, specie in aree del mondo disagiate dal punto di vista sanitario, si stima che milioni di persone l'anno muoiano per il mancato accesso alla chirurgia dell'appendicectomia.

A chi rivolgersi in caso si sospetti di un’appendicite?

qualsiasi Medico, anche generalista, se dotato di buon occhio clinico e discreta intuizione, può diagnosticare un’appendicite.

quindi, in linea generale, il Medico di primo accesso a cui ci si dovrebbe rivolgere è quello di base o, nei bambini, al Medico Pediatra.

l’intervento di appendicectomia è un classico sia della Chirurgia Generale che della Chirurgia Coloproctologica, e viene spesso eseguito da un Chirurgo d’Urgenza, un Chirurgo Colonproctologo, o comunque un Chirurgo Generale, in ambito ospedaliero.

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la Dott.ssa Luisella Troyer è un Chirurgo Vascolare, perfezionata in Proctologia e Colonproctologia, che riceve a Milano, presso lo studio Salus Mea in Via della Moscova, 60.

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Quindi ricorda che...
  • l'appendice vermiforme è l'ultima parte di quella zona dell'intestino crasso chiamata cieco;
  • l'appendice è un organo linfatico grezzo e praticamente atrofizzato, costituito da vasi linfatici compattati e ricoperti da mucosa e muscolatura intestinale;
  • l'appendice ha un lume interno molto piccolo, e non è capace di assorbire i residui organici che, eventualmente, possono infilarsi dentro di essa;
  • residui del cibo oppure fecali possono ostruire il lume dell'appendice, provocando così infiammazione o infezione batterica;
  • l'infiammazione dell'appendice raramente recede da sola, ma anzi in quasi tutti i casi degenera in una vera e propria infezione, che porta presto alla necrosi dell'organo;
  • i sintomi dell'appendicite, cioè l'infezione o l'infiammazione dell'appendice, comprendono nausea, vomito, diarreza, dolori e spasmi addominali, inappetenza e febbre;
  • generalmente, la terapia per l'appendicite è chirurgica, e prevede l'asportazione dell'appendice infetta;
  • la cura antibiotica è raramente efficace, ed andrebbe riservata solo agli stadi iniziali dell'appendicite;
  • l'asportazione chirurgica dell'appendice infetta è chiamata appendicectomia, e può essere eseguita sia in laparoscopia che laparotomia;
  • se non si interviene per tempo, l'appendice infetta può scoppiare o bucarsi, spargendo l'infezione nel peritoneo e portando quindi ad una pericolosa peritonite

Avviso deontologico medico
Nota deontologica

La Proctologia, in Italia, non ha ancora una Scuola di Specializzazione riconosciuta dal Ministero dell'Istruzione.

Non è quindi legalmente possibile riportare l'aggettivo 'specialista' al Medico Proctologo, poiché tale titolo accademico è riservato solo al Medico che, legalmente, ottiene un Diploma di Specializzazione.

Come branca della Medicina, la Proctologia può essere inquadrata come disciplina chirurgica, che può però allargarsi ed intendersi perfezionamento della Gastroenterologia, della Dermatologia, della Chirurgia Vascolare, dell'Oncologia, della Infettivologia e, non ultimo, anche della Ginecologia.

Questo vuol dire che la formazione del Medico che intende definirsi 'Proctologo' è effettuata prevalentemente sul campo, attraverso l'esperienza diretta e i casi clinici affrontati e risolti, nonché del continuo studio ed aggiornamento professionale.

La Dott.ssa Luisella Troyer, iscritta all'Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Milano, tiene dunque a precisare che ella è un Medico Chirurgo Specialista in Chirurgia Vascolare, e perfezionata poi Proctologo durante il suo trentennale esercizio della professione medica.

Chirurgo Vascolare Proctologo a Milano Dott.ssa Luisella Troyer

Quest'articolo è stato revisionato ed aggiornato dalla Dott.ssa Luisella Troyer il giorno:

domenica 11 febbraio, 2024

La Dott.ssa Luisella Troyer è un Medico Chirurgo, specializzata in Chirurgia Vascolare e perfezionata in Proctologia.

Sin dal suo percorso come specializzanda, la Dottoressa ha avuto a cuore lo studio e la cura delle patologie proctologiche, in particolar modo delle emorroidi e dei prolassi emorroidari.

Ha accumulato, nel corso del suo esercizio come Chirurgo, circa 5000 ore di sala operatoria come primo operatore, di cui circa 120 di emorroidectomia Milligan-Morgan.

È uno dei primi Medici ad aver studiato e sperimentato la terapia con scleromousse per le emorroidi patologiche, che la Dottoressa ha giudicato d'elezione per il trattamento non traumatico dei prolassi emorroidari, con statistiche di risoluzione superiori al 95% e pertanto spesso comparabili con l'accesso chirurgico.

In ogni sua visita proctologica la Dottoressa utilizza, a complemento della valutazione clinica, un moderno videoproctoscopio totalmente digitale, di sua ideazione e realizzazione, in grado di catturare in tempo reale flussi video in alta risoluzione, che compone l'esame specialistico denominato Videoproctoscopia Endoscopica Elettronica.

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Antonella
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